Sussiste un onere di riproduzione dei documenti nel giudizio di opposizione allo stato passivo?

SUSSISTE UN ONERE DI RIPRODUZIONE DEI DOCUMENTI NEL GIUDIZIO DI OPPOSIZIONE ALLO STATO PASSIVO?

La questione della sussistenza o meno di un onere di riproduzione nel giudizio di opposizione allo stato passivo dei documenti già allegati alla domanda di insinuazione al passivo del fallimento è argomento dibattuto e ha dato vita a diversi orientamenti giurisprudenziali.
Un primo orientamento più ristrettivo rileva che il giudizio di opposizione allo stato passivo, così come disciplinato dal d.lgs. 9 gennaio 2006 n. 5 e novellato dal d.lgs. 12 settembre 2007, n. 169, è regolato dal principio dispositivo e, pertanto, il creditore, la cui istanza di insinuazione al passivo del fallimento ex art. 93 legge fallimentare sia stata respinta, deve nel procedimento di impugnazione ex art. 99 legge fallimentare deve depositare nuovamente la documentazione già depositata in sede di verifica del passivo non potendo questa essere acquisita d’ufficio.
Un diverso e più condivisibile orientamento della Cassazione , ispirato dal principio di conservazione della prova, ha, invece, precisato che qualora l’opponente abbia tempestivamente indicato in ricorso la documentazione di cui intende avvalersi, facendo riferimento per relationem a quanto già prodotto davanti al giudice delegato con formula non di stile, tale da non lasciare dubbi sull’identità degli atti su cui vuole fondare l’opposizione, e ne abbia contestualmente formulato istanza di acquisizione, non è ravvisabile alcuna sua negligente inerzia, idonea a giustificare il rigetto del ricorso per inosservanza dell’onere della prova.
Per tale orientamento, infatti, l’istanza di acquisizione della documentazione già prodotta innanzi al giudice delegato dovrebbe essere interpretata come autorizzazione al ritiro della documentazione ex art. 90 legge fallimentare, applicabile in virtù della sua portata generale anche al procedimento di opposizione allo stato passivo.
La Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 12549 del 18 maggio 2017 aderendo al secondo orientamento più liberale ha, inoltre, precisato che il principio dispositivo, che impone la riproduzione del documento che si vuol far valere a prova nel giudizio impugnatorio, non trova applicazione nel giudizio di opposizione allo stato passivo.
La motivazione di tale esclusione risiede da un lato nel tenore letterale dell’art. 99, comma 2 legge fallimentare e, dall’altro dalla disciplina del deposito telematico delle domande di ammissione al passivo ai sensi del D.L. 179 del 2012, art. 16 bis, comma 3, convertito dalla L. n. 221 del 2012, come introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228.
L’art. 99, comma 2, n. 4) legge fallimentare dispone testualmente che nell’opposizione allo stato passivo, il ricorso deve contenere “a pena di decadenza (…) l’indicazione specifica dei mezzi di prova di cui il ricorrente intende avvalersi e dei documenti prodotti”, la norma secondo la Cassazione, andrebbe, quindi, interpretata nel senso che è imposta all’opponente la mera indicazione dei documenti già prodotti nel giudizio, documenti già comunque portati nella cognizione del giudice delegato nella fase di verifica del passivo.
Il fatto, poi, che nel procedimento di verifica dello stato passivo non si rinviene una distinzione tra fascicolo di parte e fascicolo d’ufficio e la vigente disciplina che impone il deposito telematico delle domande di ammissione al passivo comporta che tutti i documenti allegati alle istanze entrino a far parte di un unico fascicolo informatico.
La Cassazione rileva, nella sentenza da ultimo citata, che una volta inserito nel fascicolo fallimentare il documento di natura probatoria prodotto dal creditore istante, entra a fare parte dell’unico fascicolo della procedura (tenuto all’attualità in modalità informatica) e come tale sia destinato, in caso di successiva impugnazione dello stato passivo, ad essere acquisito – com’è proprio di qualsivoglia atto contenuto nel fascicolo d’ufficio – nella sfera di cognizione del giudice dell’impugnazione, alla sola condizione che esso sia stato espressamente indicato dalla parte che impugna in seno al ricorso in opposizione.
Concludendo la Suprema Corte di Cassazione ha, quindi, statuito che: “Nel giudizio di opposizione allo stato passivo, l’opponente è tenuto, a pena di decadenza, solo ad indicare specificatamente in seno al ricorso i documenti già prodotti nel corso della verifica dello stato passivo innanzi al giudice delegato; ne consegue che, in difetto di produzione del documento indicato specificatamente in ricorso, il tribunale deve disporne l’acquisizione dal fascicolo della procedura fallimentare ove esso è custodito”.

Leonardo Vecchione
Avvocato in Roma