RISARCIMENTO DANNI DA RITARDATA RICONSEGNA DELL’ IMMOBILE DA PARTE DEL CONDUTTORE
La Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza del 26 ottobre 2012 n. 18499, torna a pronunciarsi sulla prova che il locatore deve fornire per il risarcimento del maggior danno derivatogli dalla ritardata restituzione dell’immobile locato.
Il conduttore in mora nel rilascio dell’immobile è tenuto, ai sensi dell’art. 1591 c.c., a dare al locatore il corrispettivo convenuto fino alla riconsegna salvo l’obbligo di risarcimento del maggior danno.
La mancata riconsegna dell’immobile comporta, dunque, da un lato, conformemente al principio mora perpetuat obligationem, l’obbligo di corrispondere la somma pattuita nel contratto1 e, dall’altro quello di risarcire il locatore del maggior danno arrecatogli.
Il locatore può costituire in mora il conduttore con una disdetta o con la domanda giudiziale di risoluzione del contratto di locazione.
La costituzione in mora del debitore si determina, sia nel caso di risoluzione giudiziale del contratto2 sia in quello di risoluzione di diritto, dalla data di proposizione della domanda e non da quella in cui la domanda di risoluzione viene accolta, per il principio per cui la durata del processo non può danneggiare l’attore3. Ne segue che alcun rilievo può assumere la portata costitutiva o dichiarativa della pronuncia.
Mentre il risarcimento per il mancato godimento dell’immobile comporta l’obbligo ex lege, in capo al conduttore in mora nella restituzione, di corrispondere la somma pattuita come canone (cd. indennità di occupazione)4, per ottenere invece il risarcimento del maggior danno, a meno che questo non sia stato preventivamente quantificato con una clausola penale, il locatore deve fornirne la prova.
Le somme che vengono determinate a titolo di risarcimento del maggior danno da ritardata restituzione sostanziano un’obbligazione di valore, e vi è quindi l’obbligo di tener conto della svalutazione monetaria5. Diversamente invece per quanto attiene all’obbligazione del conduttore di continuare a corrispondere il corrispettivo pattuito fino alla riconsegna dell’immobile che costituisce un’obbligazione di valuta in quanto trattasi di somme contrattualmente determinate.
La responsabilità del conduttore ex art. 1591 c.c. per il ritardo nella riconsegna dell’immobile locato ha natura contrattuale. Ne segue che, come rileva anche la Cassazione nella sentenza che si annota, il locatore ai fini della risarcibilità del maggior danno deve, ai sensi dell’art. 1218 c.c., dare la prova della lesione del proprio patrimonio consistente nel non aver potuto concedere l’immobile in locazione ad un canone più elevato, in vendita ad un prezzo più vantaggioso o comunque nella perdita di altre analoghe situazioni vantaggiose.
Con riferimento all’onere probatorio del maggior danno in giurisprudenza si registrano due orientamenti.
Secondo un primo orientamento6 più rigido è necessaria una prova rigorosa dell’esistenza del danno ad esempio dimostrando l’esistenza di pretese, proposte di vendita o di locazione ad un corrispettivo più elevato ovvero di altri concreti propositi di utilizzazione.
Altro orientamento allo stato minoritario ha ritenuto invece sufficiente la prova di una differenza tra il canone di mercato concretamente ottenibile e quello effettivamente percepito7 ovvero l’utilizzo di semplici presunzioni anche in relazione alle condizioni dell’immobile, alla sua ubicazione ed alle possibilità di una specifica attuale utilizzazione8. Naturalmente le presunzioni devono presentare i requisiti previsti dall’art. 2729, 1° comma c.c., ed essere, quindi, gravi, precise e concordanti.
Da segnalare una rilevante decisione della Cassazione9, richiamata dalla sentenza in commento, che nel legittimare anch’essa la prova del danno per presunzioni, ha realisticamente stabilito che la carenza di specifiche proposte di locazione dell’immobile (e quindi la carenza di una prova specifica al riguardo) è obiettivamente giustificabile alla luce della persistente occupazione del bene da parte del conduttore nonostante la scadenza del rapporto.
La suddetta decisione, come quella oggi in esame, si colloca nel solco tracciato in precedenza dalla giurisprudenza di legittimità10, secondo la quale il giudice del merito deve tenere conto anche di elementi diversi dalla presenza di proposte di locazione o di acquisto laddove il locatore non sia autorizzato a dare in locazione a terzi l’immobile che gli viene restituito avendone già richiesto ed ottenuto il provvedimento di rilascio per necessità personale.
In passato la Suprema Corte aveva ritenuto che il maggior danno fosse desumibile in base a presunzioni dal fatto notorio dell’insufficienza di alloggi abitativi ad equo canone11.
Il danno è un fatto e quindi la dimostrazione dello stesso è possibile attraverso gli ordinari mezzi di prova tra i quali rientra naturalmente la prova per presunzioni.
Ma anche in assenza di una prova specifica e quindi di una non determinazione concreta del danno deve ritenersi possibile la condanna generica del conduttore al risarcimento perché la tardiva restituzione del bene concreta un comportamento antigiuridico potenzialmente lesivo del patrimonio del locatore12.
In sede di liquidazione la prova del maggior danno invece, deve avere il carattere della rigorosità non potendosi ritenere sufficiente la prova del maggior importo mensile che in astratto sarebbe ricavabile da una nuova locazione13.
In alcune decisioni, poi, la Suprema Corte ha ritenuto legittima anche una liquidazione equitativa14.
La sentenza in commento sembra fare sintesi degli orientamenti meno rigidi già espressi in precedenza demandando al giudice di merito un nuovo esame sulla base della perizia che, nella fattispecie, la parte aveva prodotto nel giudizio di primo grado, e delle presunzioni conseguenti alle concrete condizioni e caratteristiche dell’immobile, la sua ubicazione ed alla sua possibilità di utilizzo.
Leonardo Vecchione Avvocato in Roma
1 L’obbligazione costituisce un debito di valuta e comprende anche il pagamento degli oneri accessori nonché eventuali aggiornamenti ISTAT, in tal senso cfr. rispettivamente Cass. civ. 19 giugno 2002, n. 8913; Cass. civ. 4 dicembre 2002, n. 17201, Cass. civ., 26 luglio 1997, n. 9464 e Cass. civ. 14 febbraio 1986, n. 891.
2In tal caso il giudice deve valutare la gravità dell’inadempimento del conduttore anche alla stregua del suo comportamento successivo alla proposizione della domanda, v. Cass. civ., 2 aprile 2004, n. 6518.
3 In tal senso cfr. Cass. civ., sez., 9 luglio 2009, n. 16110. e Cass. civ., 15 ottobre 1997, n. 10115.
4 L’obbligo prescinde dalla prova di un danno in concreto subito dal locatore, v. Cass. civ., 7 giugno 1995, n. 6368.
5In dottrina cfr. A. Tabet, La locazione–conduzione, in Tratt. Cicu, Messineo, XXV, Milano, 1972, 476; in giurisprudenza cfr. Cass. civ., 14 febbraio 2006, n. 3183; e R. Miccio, La locazione, in Giur. Sist. Bigiavi, Torino, 1967, 167, per il quale il risarcimento per il ritardo nella riconsegna sarebbe sempre un debito di valuta anche se liquidato in misura superiore all’ammontare del canone di locazione, costituendo, invece, debito di valore quello per il risarcimento per deterioramento od omissione di restituzione.
6 Cfr. Cass. civ., 14 aprile 2000, n. 4864 con riferimento all’effettività della lesione; Cass. civ., 14 febbraio 2000, n. 1645, esige l’esistenza di una prova specifica del danno; Cass. civ., 4 giugno 1997, n. 4968, richiede la prova del concreto ammontare del danno; v. anche: Cass. civ., 7 febbraio 2006 n. 2525; Cass. civ., 15 novembre 2004, n. 21581; Cass. civ., 30 luglio 2004, n. 14624; Cass. civ., 1 luglio 2002, n. 9545.
7 Cfr. Cass. civ., 10 febbraio 1996, n. 1032.
8 Cfr. Cass. civ., 16 settembre 2008, n. 23720.
9V. Cass. civ., 31 gennaio 2012, n. 1372.
10V. Cass. civ., 3 marzo 2009, n. 5051.
11 Cfr. Cass. civ., 15 ottobre 1997, n. 10115.
12Cfr. Cass. civ., 24 giugno 2002, n. 9160.
13 Cfr. Cass. civ., 10 febbraio 1999, n. 1133.
14 Cfr. Cass. civ., 7 marzo 2002, n. 3327, che tra l’altro ritiene inammissibile l’espletamento di una consulenza tecnica diretta all’accertamento del canone di mercato dei contratti di locazione; conf. Cass. civ., 1 dicembre 1994, n. 10270; contra cfr. Cass. civ., 5 giugno 1995, n. 6291, che ritiene non consentita la liquidazione equitativa del danno in mancanza di un qualsiasi dato concreto che permetta un controllo della legittimità della decisione. Sui presupposti per la valutazione equitativa (certezza sull’esistenza del danno-certezza non eliminabile sul quantum cfr. ampliusU. Breccia, Le obbligazioni, in Tratt. Iudica, Zatti, Milano, 1991, 653 e G. Visentini, Risarcimento del danno, in Tratt. Rescigno, 9, I, Torino, 1984, 219.