L’APPALTATORE È RESPONSABILE ANCHE PER LE OPERE DI RISTRUTTURAZIONE.
Le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione si sono recentemente espresse riconducibilità o meno della ristrutturazione edilizia di un fabbricato nella previsione dell’art. 1669 c.c.
L’art. 1669 c.c. prevede che quando si tratta di edifici o di altre cose immobili destinate per loro natura a lunga durata se, nel corso di dieci anni dal compimento, l’opera, per vizio del suolo o per difetto della costruzione, rovina in tutto o in parte, ovvero presenta evidente pericolo di rovina o gravi difetti, l’appaltatore è responsabile nei confronti del committente e dei suoi aventi causa, purché sia fatta la denunzia entro un anno dalla scoperta. Il diritto del committente si prescrive in un anno dalla denunzia.
Secondo un orientamento più restrittivo[1] l’art. 1669 c.c. è una norma di carattere speciale rispetto agli artt. 1667 1668 c.c. e troverebbe applicazione esclusivamente quando siano riscontrabili vizi riguardanti la costruzione dell’edificio o di una parte di esso e non anche in caso di modificazioni o riparazioni apportate ad un immobile preesistente anche se destinate per loro natura a lunga durata.
La Cassazione a Sezioni Unite con la sentenza n. 7756 del 27 marzo 2017, accogliendo l’orientamento estensivo[2] per il quale l’attenzione va soffermata sull’ipotesi dei “gravi difetti” ha enunciato il seguente principio di diritto: “l’art. 1669 c.c., è applicabile, ricorrendone tutte le altre condizioni, anche alle opere di ristrutturazione edilizia e, in genere, agli interventi manutentivi o modificativi di lunga durata su immobili preesistenti, che (rovinino o) presentino (evidente pericolo di rovina o) gravi difetti incidenti sul godimento e sulla normale utilizzazione del bene, secondo la destinazione propria di quest’ultimo”.
I gravi difetti dell’opera, rilevanti ai fini dell’art. 1169 c.c., sarebbero, quindi, anche quelli relativi ad elementi secondari ed accessori dell’opera (ad. es. impermeabilizzazioni, rivestimenti, impianti centralizzati di riscaldamento, crollo o disfacimento intonai esterni dell’edificio e collegamenti diretti ad acque bianche e pluviali discendenti con la condotta fognaria) in quanto sarebbe del tutto indifferente che i gravi difetti riguardino una costruzione interamente nuova, dovendosi intendere il sostantivo “costruzione” nel senso di “attività costruttiva”.
Il legislatore del 1942 ricomprendendo nell’art. 1669 c.c. anche i “gravi difetti” sarebbe quindi andato oltre la ratio di tutela dell’incolumità pubblica valorizzando anche l’esigenza di godimento ed utilizzo dell’immobile in maniera conforme alla sua destinazione.
Leonardo Vecchione
Avvocato in Roma
[1] Cfr. Cass. n. 24143/2007 e Cass. n. 10658/2015.
[2] Cfr. Cass. n. 22553/2015.