I criteri di attribuzione dell’assegno divorzile alla luce delle sezioni unite del 2018

Le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione[1] si pronunciano nuovamente sui criteri per il riconoscimento dell’assegno divorzile sconfessando la pronuncia del 2017[2] che distingueva, nel giudizio di accertamento dei presupposti per l’attribuzione dell’assegno in questione, la fase dell’an debeatur da quella del quantum debeatur, escludendone il diritto all’attribuzione in caso di autosufficienza economica, e superando anche l’impostazione delle Sezioni Unite del 1990[3] che si fondavano sul parametro del tenore di vita al fine di garantire il medesimo tenore di vita avuto in costanza di matrimonio.

La Cassazione attribuisce ora all’assegno divorzile una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa volta ad intervenire su una situazione di squilibrio ingiusto non in senso astratto (giudizio fondato sulla mera comparazione quantitativa delle sfere economico-patrimoniali o delle capacità reddituali degli ex coniugi) ma in concreto, ponendo in relazione la situazione economico patrimoniale al momento dello scioglimento del vincolo con i ruoli svolti dagli ex coniugi all’interno della relazione coniugale.

Per le Sezioni Unite del 2018 la valutazione concreta ed effettiva dell’adeguatezza dei mezzi e dell’incapacità di procurarseli per ragioni oggettive va fondata sulla disparità delle condizioni economico-patrimoniali delle parti da collegare alla valutazione degli altri indicatori delle caratteristiche dell’unione matrimoniale così come descritti nella prima parte dell’art. 5, comma 6, legge n. 898/1970.

Tale verifica dell’adeguatezza dei mezzi e dell’incapacità di procurarseli per ragioni oggettive è da collegare causalmente alla valutazione degli altri indicatori contenuti nella prima parte dell’art. 5, comma 6, al fine di accertare se l’eventuale rilevante disparità della situazione economico-patrimoniale degli ex coniugi all’atto dello scioglimento del vincolo sia dipendente dalle scelte di conduzione della vita familiare adottate e condivise in costanza di matrimonio, con il sacrificio delle aspettative professionali e reddituali di una delle parti in funzione dell’assunzione di un ruolo trainante endofamiliare, in relazione alla durata, fattore di cruciale importanza nella valutazione del contributo di ciascun coniuge alla formazione del patrimonio comune e/o del patrimonio dell’altro coniuge, oltre che delle effettive potenzialità professionali e reddituali valutabili alla conclusione della relazione matrimoniale, anche in relazione all’età del coniuge richiedente ed alla conformazione del mercato del lavoro.

Il superamento della distinzione tra criterio attributivo e criteri determinativi dell’assegno di divorzio non determina, rileva la Cassazione un incremento ingiustificato della discrezionalità del giudice di merito, perché tale superamento non comporta la facoltà di fondare il riconoscimento del diritto soltanto su uno degli indicatori contenuti nell’incipit dell’art. 5, comma 6 essendone necessaria una valutazione integrata, incentrata sull’aspetto perequativo-compensativo, fondata sulla comparazione effettiva delle condizioni economico-patrimoniali alla luce delle cause che hanno determinato la situazione attuale di disparità. Inoltre è necessario procedere ad un accertamento probatorio rigoroso del rilievo causale degli indicatori sopraindicati sulla sperequazione determinatasi, ed, infine, la funzione equilibratrice dell’assegno, deve ribadirsi, non è finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale ma soltanto al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex coniuge economicamente più debole alla realizzazione della situazione comparativa attuale.

In conclusione, alla pluralità di modelli familiari consegue una molteplicità di situazioni personali conseguenti allo scioglimento del vincolo. Il criterio individuato proprio per la natura composita dell’assegno divorzile ha l’elasticità necessaria per adeguarsi alle fattispecie concrete perché, a differenza di quelli che si sono in precedenza esaminati, non ha quelle caratteristiche di generalità ed astrattezza variamente criticate in dottrina.

 

Leonardo Vecchione

Avvocato in Roma

 

 

[1] Cfr. Cass. civ. Sez. Unite Sent., 11-07-2018, n. 18287.

[2] Cfr. Cass. civ., sez. I, sentenza 10/05/2017 n. 11504.

[3] Cfr. Cass. civ. Sez. Unite Sent., 29-11-1990, n. 11490.