
LA FALCIDIA DELL’IVA NEL CONCORDATO PREVENTIVO
La Corte di Giustizia dell’Unione europea, sezione seconda, con sentenza del 7 aprile 2016, nella causa C-546/14, ha riconosciuto ammissibile il concordato preventivo con pagamento parziale dei crediti IVA.
Il principio dell’intangibilità dei crediti per iva, in quanto risorsa propria dell’Unione Europea, era stato più volte affermato dalla giurisprudenza[1].
La Cassazione[2] aveva, poi, ribadito che l’intangibilità dei detti crediti per iva e per ritenute alla fonte ex art. 182 ter l. fall. sussisteva anche per le procedure cui non sia applicabile ratione temporis l’art. 32, d. l. 29 novembre 2008, n. 185, conv. in l. 28 gennaio 2009, n. 2, che ha modificato l’art. 182 ter, comma 1, l. fall., in quanto la disposizione, che esclude la falcidia concordataria sul capitale dell’iva, ha natura eccezionale e attribuisce al credito un trattamento peculiare ed inderogabile; ne consegue che la sua portata sostanziale si applica ad ogni forma di concordato, ancorché proposto senza ricorrere all’istituto della transazione fiscale, attenendo allo statuto concorsuale del credito iva[3].
La Corte di Giustizia Europea è stata interessata della questione a seguito della domanda di pronuncia pregiudiziale, sull’interpretazione dell’articolo 4, paragrafo 3, TUE e della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, sollevata dal Tribunale di Udine.
Nella domanda di concordato preventivo, depositata presso il Tribunale di Udine da parte dell’impresa in stato di crisi, si proponeva una liquidazione del patrimonio tale da prevedere il pagamento integrale di taluni creditori privilegiati ed il pagamento in percentuale dei creditori chirografari e di creditori privilegiati di grado inferiore, per i cui crediti si sosteneva che non vi sarebbe stata comunque capienza, neppure in caso di fallimento. Tra questi ultimi crediti vi era un debito di IVA che la debitrice ha proposto di pagare parzialmente, senza vincolare tale proposta alla conclusione di una transazione fiscale.
La Corte di Giustizia nella sentenza in esame rileva che “l’ammissione di un pagamento parziale di un credito IVA, da parte di un imprenditore in stato di insolvenza, nell’ambito di una procedura di concordato preventivo […] non costituisce una rinuncia generale e indiscriminata alla riscossione dell’IVA, non è contraria all’obbligo degli Stati membri di garantire il prelievo integrale dell’IVA nel loro territorio nonché la riscossione effettiva delle risorse proprie dell’Unione”.
Le conclusioni a cui addiviene la Corte di Giustizia sono pertanto che “l’articolo 4, paragrafo 3, TUE nonché gli articoli 2, 250, paragrafo 1, e 273 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, non ostano a una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, interpretata nel senso che un imprenditore in stato di insolvenza può presentare a un giudice una domanda di apertura di una procedura di concordato preventivo, al fine di saldare i propri debiti mediante la liquidazione del suo patrimonio, con la quale proponga di pagare solo parzialmente un debito dell’imposta sul valore aggiunto attestando, sulla base dell’accertamento di un esperto indipendente, che tale debito non riceverebbe un trattamento migliore nel caso di proprio fallimento”.
In altre parole in tema di concordato liquidatorio è ora ammissibile un piano concordatario che preveda di pagare solo parzialmente un debito IVA in presenza dell’attestazione da parte di un esperto indipendente che l’amministrazione tributaria non avrebbe miglior soddisfazione in caso di fallimento.
Interessante sarà la valutazione della possibilità della falcidia del credito IVA con riferimento ai concordati preventivi con continuità aziendale dal momento che è discussa l’applicabilità dell’art. 160, comma 2, legge fallimentare, al concordato con continuità aziendale[4].
Leonardo Vecchione
Avvocato in Roma
[1] Si veda Cass. civ., sez. I, 30 aprile 2014, n. 9541; Cass. civ., sez. V, 16 maggio 2012, n. 7667 e Cass. civ., sez. I, 4 novembre 2011, n. 22931; Corte giust. UE, 29 marzo 2012, in causa C-500/10; Corte giust. UE, 11 dicembre 2008, n. 174; Corte giust. UE, 17 luglio 2008, n. 132; Decisione (CE Euratom del Consiglio), 29 settembre 2000 n. 2000/597/CE, contra cfr. Corte di Appello Bologna, 24 dicembre 2015, in http://www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/14371.pdf .
[2] Cfr. Cass. civ., sez. I, 30 aprile 2014, n. 9541.
[3] Cfr. L. Vecchione, Il tribunale può dichiarare inammissibile ovvero revocare il concordato preventivo che non prevede l’integrale pagamento del credito IVA e delle ritenute alla fonte, in Giustiziacivile.com, 26 febbraio 2015.
[4] Sugli effetti dell’applicabilità dell’art. 160, co. 2, l.fall. anche al Concordato preventivo con continuità aziendale v. S. Bonfatti, La disciplina dei crediti privilegiati nel concordato preventivo con continuità aziendale, in www.ilcaso.it, pag. 36.